Per molti anni ho frequentato una vallata alle pendici del Monte Rosa dove ho camminato, sciato e qualche volta spaccato la legna per alimentare una stufa in una casa Walser, esplorando le vallate più remote costellate di chiesette e capitelli decorati con colori sgargianti che riproducono le scene religiose tipiche dei santi votivi a cui sono dedicate. Qualche volta i tratti sono semplici, ma in alcuni casi mi sono imbattuto in veri capolavori che sono il frutto di una bella e antica tradizione di pittori valligiani che vede il suo centro artistico più famoso nel complesso del Sacro Monte di Varallo.

Molte delle cose che ho scoperto nel tempo sulla vallata e sul suo grande bastione che si staglia sul fondo, il Monte Rosa, l’ho scoperto grazie all’amore per uno scrittore che ha parlato delle cose accadute tra queste valli dal suo punto di osservazione tra le risaie di Novara dove il Monte Rosa si specchia nelle giornate limpide, Sebastiano Vassalli.

Ci sono le storie ambientate nel ‘600 del libro “La Chimera” ma anche quelle in epoche più recenti del libro “Le due chiese” dove si parla di questi luoghi e dei pittori che con pennelli e colori si arrampicavano per decorare le piccole strutture votive costruite dai montanari. Ho trovato molte similitudini nella storia della famiglia Musati con i protagonisti del libro ambientato sotto “il macigno bianco” come lo chiama Vassalli, dove la storia recente ha vissuto il conflitto tra partigiani e nazifascisti e dove si riescono a ricavare sulla storia di Musati ho scoperto da una pagina web scritta dal figlio scrittore Fabio Musati, scomparso qualche anno fa, che la storia del padre inizia negli Anni ‘30 come pittore autodidatta.

Arnaldo Musati (Varallo Sesia, 1916-Roccapietra, 1988), pittore autodidatta di origini valsesiane, si dedicò al manifesto e alle stampe pubblicitarie negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Fu Cino Moscatelli, suo compagno di lotta partigiana in Valsesia, a commissionargli il manifesto della Liberazione; successivamente si trasferì ad Aosta dove aprì uno studio di pubblicità e realizzò molti dei manifesti che pubblicizzavano le stazioni invernali di tutta la valle: Cervinia, La Thuile, Cogne, Pila, la bellissima serie dell’Aosta-Gran San Bernardo.

Era quello – gli anni a cavallo fra i ’40 e i ’50 – un periodo di ricostruzione e di rilancio di tutte le attività: questa generosa e ingenua energia dà colore e luce alla tavolozza di Musati e la gioia della libertà riconquistata traspare nei sorrisi e negli slanci delle sue famose donne con le braccia alzate, il suo marchio di fabbrica. Se guardiamo alle immagini pubblicitarie di queste località troviamo elementi che accostano l’opera di Musati a quella di altri e più celebrati “cartellonisti” come Gino Boccasile, Mario Puppo o Franz Lenhart, tutti contemporanei di Musati e tutti con una visionesolenne della montagna e degli sport invernali.

Le figure sono sempre inquadrate dal basso verso l’alto per creare slancio estetico ma anche perché i canoni dell’epoca sono quelli classici del ventennio; Musati aderisce ovviamente a questa scuola estetica ma mantiene, protetto dalle sue vallate, una specie di originale ingenuità ed esprime lasolarità e la gioia di vivere la montagna con figure e colori che ammiccano alle immagini semplici della sua terra. È innanzitutto un pittore con la montagna negli occhi, dove la luce brilla come nelle opere di Segantini in modo diretto e questa sua visione lo porta a mantenere un ottimismoestetico in tutta la sua opera.

Il poster di Cervinia, così famoso da essere continuamente riprodotto, è molto diverso da quello di Alpe Mera dove la forza del soggetto si mescola quasi a un uso fotografico e grafico dell’immagine.

Sempre riprendendo da Fabio Musati: a metà degli anni ’50, la fotografia fece il suo prepotente ingresso sulla scena della comunicazione murale e della pubblicità in genere; Musati si fece silenziosamente da parte, dedicandosi all’illustrazione di libri per gli editori Fabbri, Boschi e infine Raiteri. Della collaborazione con la Fratelli Fabbri rimangono poche documentazioni: soltanto le illustrazioni di due libri per ragazzi. Della collaborazione con l’Editrice Boschi possiamo ancora ammirare quasi tutte le illustrazioni eseguite per la Collana Romanzi Celebri e alcune altre per le collane dei ragazzi. Questa collaborazione andò avanti per qualche anno, dopodiché ci fu l’incontro con l’Editore Raiteri, per il quale il pittore si dedicò alleillustrazioni dei libri scolastici per le scuole elementari.

È un peccato che non ci sia una raccolta completa delle sue opere che saranno sparse tra collezionisti vari e nessuno abbia ancora pensato di scoprire la storia di un pittore che con i pennelli dipingeva la sua montagna;
i poster di viaggio sono stati un modo per far scoprire il nostro paese ai turisti internazionali. Sarebbe bello se ci potesse essere una galleria a cielo aperto in Val d’Aosta o nella Val Sesia dei suoi lavori magari sulle pareti delle vecchie costruzioni tra gerani alle finestre e campanacci nei prati.

Courtesy by Fabio Musati, Travel Italia, l’età d’oro del manifesto turistico by Lorenzo Ottaviani, Collezione Salce, Beni Culturali.

Leggi l’articolo su Touchpoint di Giugno | 2023 n° 05