Eccoci con un’altra puntata del viaggio alla scoperta dei pubblicitari, comunicatori, grafici del secolo scorso dei quali restano poche ma tangibili tracce nei musei e nelle collezioni private dei loro manifesti. Sembra incredibile che ci siano poche righe e nessuna (che a me risulti) monografia di Mario Puppo: nato a Levanto nel 1905, già negli Anni ‘30 iniziò a realizzare nel suo studio di Chiavari materiale pubblicitario per pubblicizzare località di mare e montagna. Una professione che si può riassumere in due grandi periodi: prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale.
I canoni estetici e l’enfasi voluta dal regime e anche alcuni luoghi che nella seconda metà del secolo scorso vennero scorporati dai confini italiani sono contraddistinti da due toni di voce differenti. Come dicevo, il periodo che precede il conflitto è un periodo in cui l’artista ligure si adegua ai toni trionfalistici di rappresentazione di luoghi che parlano di “impero” e civiltà italiana” che vengono descritti da altri grandi rappresentanti della cartellonistica italiana come Nizzoli, Carboni, Walter Molino e che cambieranno drasticamente stile negli Anni ’50. È un periodo molto ricco di attività perché l’ENIT, Ente Nazionale per le Industrie Turistiche fondato da Vittorio Emanuele III nel 1919, ha come scopo quello di promuovere in Italia e all’estero la nascente industria turistica, appannaggio fino ad allora, soltanto di una classe colta e abbiente che dal secolo precedente aveva inserito nella formazione dei rampolli della grande borghesia internazionale il Grand Tour come passaggio obbligato per la formazione degli eredi delle grandi famiglie.
L’ENIT diventa nel 1931 un ente statale e, con la “direzione creativa” di Mussolini, uno strumento di propaganda interna ed esterna. I canoni estetici si configurano facilmente assimilando la cultura imperiale dove per esempio la lettera “U” viene sostituita o visualizzata in alcuni manifesti dalla lettera “V” come per l’alfabeto romano: URBINO diventa VRBINO. Il poster di Cortina d’Ampezzo di Puppo del 1938 è un chiaro esempio di sottomissione a queste regole ma anche un ingegnoso espediente per non aderirvi completamente: vediamo la rappresentazione maschia voluta dalla direzione creativa dell’epoca, dal basso verso l’alto e un accenno a un saluto fascista che in realtà è dovuto più all’inclinazione dell’immagine e che se raddrizzata rappresenta soltanto uno sciatore che indica una meta all’orizzonte. Come scrisse Germano Celant in un saggio contenuto ne “La Metamorfosi Italiana 1943-1968”:
“il crollo del regime, la sconfitta militare, la Resistenza spazzarono via i modelli culturali nazionalisti e retorici, in favore di un’identità nazionale aperta, liberale. Gli intellettuali intrapresero una ricerca di modernità che era già avviata nei vecchi paesi democratici…”.
Ecco, partendo da questa citazione mi sono accorto che l’attività di Puppo a partire dagli anni ’50 cambia radicalmente la rappresentazione dei luoghi di villeggiatura italiani. In quegli anni sono già note le mete turistiche e le città d’arte grazie al cinema (Vacanze romane di William Wyler è del 1953 e Tempo d’estate girato a Venezia da David Lean è del 1954) per non parlare del periodo che segue della Dolce Vita all’italiana, per cui all’artista non è più richiesto di “illustrare” Portofino, Capri, Roma o Venezia, ma gli viene chiesto di presentare il “beneficio” di una vacanza. Non so se questo sia frutto di un briefing come lo chiameremo oggi o di una semplice intuizione artistica dei protagonisti della comunicazione, sta di fatto che compaiono esempi come nel manifesto per Finale Ligure, dove la sintesi grafica e l’ironia sembrano rivolgersi alla nuova classe borghese promettendo relax e tranquillità rappresentati da un pesce che si crogiola al sole su un gommone fumando un sigaro in tutta la tranquillità.
È il periodo dell’ottimismo e del miracolo all’italiana, delle domeniche al mare o in montagna dentro a macchinine di latta piene di famiglie figlie del baby boom e del boomer che sta scrivendo. Lo stesso messaggio sintetico e ironico lo si può vedere nel manifesto promozionale della Sicilia dove un fico d’india con la coppola ammicca ala visita di una terra soleggiata ed esotica con l’Etna e un tempio greco sullo sfondo. Puppo a volte si è spostato anche su registri pittorici in voga nello stesso periodo; sono bellissime le rappresentazioni cubiste di Procida dove i colori danzano e le case si trasformano in altrettante campiture di colore. Per la Sardegna invece introduce le figure femminili dando il via a uno stile con le figure cerchiate di nero che mi ricorda i segni delle pitture di Flavio Costantini e Valerio Adami. Mario Puppo ha lavorato anche per grandi aziende come Barilla producendo un calendario negli anni ’50 e per compagnie liriche e teatrali per le quali illustra copertine e manifesti ma, solitamente, Puppo viene associato al lavoro svolto per ENIT.
Credo che si sia parlato poco di lui perché lo si è forse considerato più come un “impiegato” al servizio della promozione turistica che come artista dalle intuizioni e rappresentazioni così attuali che qualche anno fa un suo celebre manifesto per la città di Grado del 1948 venne ripreso dalla città di Forte dei Marmi che dovette poi scusarsi e ritirare tutto il materiale stampato.
Anche gli ideatori della comunicazione dei Mondiali di Sci di Cortina del 2021, in un’intervista dichiararono che per lo stile usato per i dépliant della manifestazione si ispirarono a Puppo e Lenhart. Ecco quindi che una pagina su Wikipedia o una monografia per raccontare la storia di questo grande artista non sarebbe per niente fuori luogo; per fortuna nel bellissimo libro di Lorenzo Ottaviani Travel Italia edito da L’Ippocampo la presenza dei lavori di Mario Puppo è rappresentata da un numero di opere così vasto da restituire dignità e prestigio a uno dei grandi cartellonisti del secolo scorso che ha ben raccontato il passaggio di un’epoca del nostro Paese attraverso la rappresentazione dei suoi luoghi più iconici e rappresentativi con maestria e per fortuna con un pizzico d’ironia.

Courtesy of Travel Italia/Lorenzo Ottaviani/L’Ippocampo, Museo Nazionale Collezione Salce, Ministero della cultura. Foto Mario Puppo: Archivio Storico Barilla.