Nello scorso numero di Touchpoint Magazine, abbiamo parlato di un’epoca e di un personaggio, Franco Mosca che nel ‘38 decide di emigrare in Argentina. Mosca era stato stretto collaboratore e credo socio di Gino Boccasile nelle varie attività di pubblicitario. Boccasile è stata una grande figura dal punto di vista artistico, ma a differenza di altri che comunque hanno lavorato alla propaganda di regime durante l’epoca fascista e che poi si sono allontanati, lui è stato un’irriducibile penna prestata convintamente fino alla fine della Repubblica di Salò.

Ma vediamo qual è stato il tratto distintivo di un personaggio alquanto controverso. Boccasile nasce nel centro di Bari nel 1901 e la prima giovinezza dell’artista è segnata da un episodio drammatico, la perdita di un occhio a causa di uno schizzo di calce viva. Alla morte del padre, Boccasile si trasferisce a Milano e come tutti all’inizio fatica per farsi largo tra i vari artisti presenti in città. Inizia a collaborare con lo studio grafico di Achille Luciano Mauzan e comincia a disegnare anche figurini e modelli d’abiti da donna. Il suo stile personalissimo ottiene un buon riscontro da parte del pubblico femminile decretando il successo delle vetrine che espongono i suoi lavori. La notorietà lo porta a illustrare per la prima edizione della Fiera del Levante una serie di cartoline per commemorare l’avvenimento. Segue un periodo in cui si muove tra Buenos Aires e Parigi fino a quando nel 1932 insieme all’amico Francesco Aloi apre una agenzia pubblicitaria, la ACTA (Azienda Commerciale Tecnico-Artistica). Il tratto distintivo elaborato con i figurini di moda lo portano a collaborare con varie riviste di moda e di costume dell’epoca diventando ancora più famoso per essere l’artefice di più di settanta copertine per la rivista Signorine Grandi Firme, che termina la pubblicazione nel ’38. La rivista era diretta da Dino Segre “Pitigrilli” e in quell’anno venne venduta alla Mondadori dove venne trasformata in rotocalco da Cesare Zavattini che all’epoca era il Direttore editoriale della casa editrice.

Come Franco Mosca nei suoi disegni femminili, Boccasile propone un tipo di donna florida e procace, solare e mediterranea, utile all’immagine positiva che il regime vuole propagandare. Insomma, un Vargas all’italiana con vestiti aderenti che rivestono forme tondeggianti e abbondanti come richiedeva la moda dell’epoca. Poi l’Italia entra in guerra e Boccasile mette il suo talento al servizio del regime per la propaganda bellica. I primi messaggi sono piuttosto allineati con gli stili di altri artisti che per conto di altri regimi celebrano la forza e la grandezza del proprio regime: chi a Est chi a Ovest o a Nord delle Alpi. Tutti impegnati a sostenere la giusta causa della “propria” idea rispetto a quelle degli altri. Citando De Gregori e la sua bellissima canzone “Il cuoco di Salò” – “che qui si fa l’Italia e si muore, dalla parte sbagliata, in una grande giornata si muore” -, Boccasile sceglie di stare dalla parte che lo ha affascinato per tutta la vita e interpreta il messaggio della RSI che si fa violento non solo per i contenuti ma per la convinzione che non cambia fino agli ultimi giorni della Repubblica di Salò dove viene nominato tenente della 29 Divisione Granatieri delle SS italiane e continua incessantemente a produrre manifesti che celebrano il regime fascista repubblicano e la fedeltà all’alleanza con la Germania. Nei suoi lavori ci sono molti luoghi comuni a volte di una banalità sconvolgente sia per la matrice razzista prevedibilissima sia per la superficialità del messaggio. In piena guerra civile Boccasile non ammorbidisce le sue posizioni politiche ma anzi le radicalizza. I suoi manifesti parlano da soli: “nessuna pietà per traditori e ribelli”, “resistenza armata all’invasore anglo- americano unico mezzo per riscattare l’onore dell’Italia infangato dal tradimento” (da Wikipedia). Si dice che il disegnatore abbia lavorato fino all’ultimo, con i militi della SS italiana che facevano la guardia intorno alla stanza in cui elaborava i suoi progetti.

I suoi sono messaggi di terrore illustrati con forza e incisività e se potessimo estraniarci dal contesto in cui vennero progettati potremmo anche definirli di assoluta efficacia. La faccia del tedesco sorridente che allunga la mano destra per stringerla all’osservatore italiano mentre con la sinistra si tocca il cuore, fa venire i brividi ancora oggi sapendo quello che è successo in quegli anni alla popolazione civile che si è trovata in mezzo a quella guerra (in)civile. Alla liberazione, Boccasile viene accusato di collaborazionismo e poi assolto per non aver commesso reati… non come Albert Speere, l’architetto di Hitler, che avrebbe potuto cavarsela allo stesso modo ma venne ritenuto colpevole non per i progetti ideati ma per lo sfruttamento in schiavitù dei prigionieri e condannato a vent’anni di reclusione nel carcere di Spandau. Boccasile poco dopo la fine del conflitto fatica un po’ a rientrare nel mondo della pubblicità, ma dopo neanche un anno è di nuovo attivo e suoi disegni invadono nuovamente i muri con le pubblicità di quei giorni. Lavora per i Profumi Paglieri, lo shampoo Tricofilina, il Formaggino Mio, l’assicurazione RAS ma soprattutto ritorna a disegnare le figure femminili per Sette dove ripropone una nuova versione femminile di “la signorina Sette”. Continua la carriera di pittore e illustratore illustrando “Il Decamerone” che non porterà a termine per la morte prematura, conseguenza di una pleurite, a soli cinquant’anni.

Di lui e di quell’epoca tragica rimangono vari manifesti catalogati e archiviati dal Museo Salce e scambiati nelle varie aste dove trovano ancora nostalgici acquirenti sempre ben disposti a collezionarli. Con Salce, Gros e Seneca, Boccasile rappresenta un modello di stile di un’epoca che si esaurirà con l’arrivo della fotografia e dei primi “grafici” degli Anni ’50. Rimane come importante testimonianza di uno stile che tra le due guerre presentava un modello visivo di bellezza tipicamente mediterraneo che non ha avuto eredi dopo l’evento traumatico della Seconda Guerra Mondiale e che anzi ha facilitato l’abbandono di una retorica estetica appartenente a un mondo ormai da dimenticare.


Courtesy by: Museo Salce, Cambi Aste; Bolaffi Aste, Collezione privata.


Leggi l’articolo su Touchpoint di Dicembre – Gennaio | 2022 – 2023 n° 10