Questa è una storia poco conosciuta in Italia di un grafico e artista del Novecento che in modo discreto, elegante e intelligente ha lasciato tracce e segni del suo passaggio nei vari contenenti in cui ha lavorato. Partiamo dall’inizio: nasce a Budapest nel 1926 dove si diploma nel 1946 all’Accademia di Belle Arti. Nello stesso anno studia e lavora nello studio di Almos Jaschik, oltre a lavorare come fotografo freelance. Nel 1948, all’età di 22 anni, si trasferisce con i suoi genitori a Montevideo e subito dopo a Buenos Aires diventando una delle figure di spicco della cultura grafica ed estetica dell’Argentina, paese che a differenza delle altre nazioni sudamericane assorbe in quegli anni un flusso di emigrati europei offrendo ad artisti e creativi, carta bianca come nel caso conosciutissimo di Hugo Pratt, il papà di Corto Maltese, che a Buenos Aires in quegli anni produce i suoi primi lavori. 

Gonda inizia lavorando per l’agenzia Lintas e poi per l’agenzia Ricardo de Luca, dove ridisegna il marchio Aerolíneas Argentinas e dopo qualche tempo fonda la Gonda Diseno. Nel 1958, su richiesta di Tomás Maldonado, Tomas Gonda si trasferisce in Germania, per unirsi al gruppo di insegnanti della Hochschule für Gestaltung di Ulm, dove Otl Aicher, Hans Gugelot e lo stesso Maldonado erano rettori. 

Inizia così un periodo in cui la cultura estetica sviluppata in Argentina incrocia la scuola tedesca e dove il nuovo approccio didattico di HfG oltre a stimolare la ricerca all’interno della scuola, confronta i principi della “gute form” con le reali esigenze del design, facendo proprie le leggi del mercato, dell’automazione industriale e del progresso tecnico.

Con questo bagaglio internazionale acquisito tra i due continenti, Gonda nel ’67 si trasferisce a Milano dove di lì a poco diventerà prima Direttore Creativo presso Upim, allora parte de La Rinascente e poi Direttore creativo alla Pirelli. Insieme a Pierluigi Cerri firma il progetto grafico di Casabella quando a dirigere la rivista c’era Tomás Maldonado, proprio lo stesso che l’aveva invitato a Ulm. Nel 1979 però sente che il posto ideale per esprimere la sua visione internazionale della grafica dallo stile modernista è la New York dove erano già al lavoro i grandi designer come Massimo Vignelli. New York lo accoglie come aveva accolto nel ’37, György Kepes e László Moholy-Nagy suoi connazionali ungheresi. 

Philip B. Meggs nel suo libro Tomás Gonda: A Life of Design (1993), pubblicato dalla Anderson Gallery, Virginia Commonwealth University, ricostruisce nei dettagli l’emozionante vita di Gonda che dopo essersi unito al Plumb Design Group si afferma finalmente costituendo la società Gonda Design.

L’amico Vignelli, nella prefazione al libro, scrive:

«La vita di Tomás Gonda era giusta, tranquilla quando necessario, brusca quando richiesto. Il suo talento e la sua eleganza si esprimevano nel suo lavoro attraverso la cura con cui sceglieva la tipografia e la selezione dei colori in contrapposizione all’uso indiscriminato delle sfumature. Lavorando con lui, si è appresa l’importanza relativa del design grafico in un contesto globale. La sua intelligenza è sempre stata capace di ridurre l’egoismo a livelli ragionevoli. In fin dei conti il ​​design non è altro che la soluzione a un problema e non è arte. Ciò che rende interessante la soluzione è l’intelligenza”.

In Argentina, la diffusione del libro coincise con un’importante mostra al Museo d’Arte Moderna, dove furono esposti i suoi lavori grafici, i suoi collage e i suoi dipinti geometrici con carte piegate, effetti di luce e colore. Le sue metafore visive, l’uso dei colori primari (“mi piace usare il colore quando voglio comunicare il colore”) e delle forme geometriche sono riconoscibili per l’uso appassionato della forma quadrata e apportarono grande vitalità al disegno della grafica dell’epoca.

Nel suo aspetto da gentiluomo, Tomás Gonda ha detto dei suoi gusti quotidiani:

“Sogno in bianco e nero, poi potrò colorare i miei sogni”.

Per lui “tutto era un esempio, un atto di progettazione: il suo ambiente, il suo lavoro, le sue matite, i suoi occhiali da sole, i suoi abiti, le sue cravatte, le sue scarpe, tutto il suo universo amato”, come lo descrive Carlos Méndez Mosquera.

Cittadino del mondo, ha coltivato anche una passione per la grafica orientale che lo ha portato a lavorare su diversi pezzi di design per l’Istituto di Cultura Argentino-Giapponese, tra cui la rivista Bunka. Il Giappone, per Gonda, era fonte di esaltata ispirazione. Ammirava la cultura tradizionale giapponese per la sua combinazione di design e forma negli aspetti della vita quotidiana. In un testo scritto anni dopo dallo stesso Gonda, racconta del Giappone, che visitò in una serie di occasioni: «La mia consapevolezza dell’estetica giapponese risale a circa trent’anni fa, quando vivevo in Argentina.

“Libri, oggetti e amici giapponesi hanno sempre avuto accesso alla mia vita.”

Se pensiamo che Gonda ha lavorato per marchi simbolo di un’epoca come Herman Miller, Pirelli, Lufhtansa, Wilkhahn Sitzmöbel e il progetto per l’HfG di Ulm in vari continenti cavalcando ogni volta l’energia innovatrice e modernista, ci possiamo rendere conto della posizione privilegiata di Gonda rispetto al nascente sviluppo della professione. 

Un testimone saggio che ha saputo esercitare la disciplina del design in ogni Paese al momento giusto e ha interpretato come diceva giustamente Vignelli, il pensiero che “in fin dei conti il ​​design non è altro che la soluzione a un problema e non è arte. Ciò che rende interessante la soluzione è l’intelligenza”.

Courtesy of Gràffica, H.Waibl, Alle radici della comunicazione visiva italiana. Casabella 421, Direzione Thomàs Maldonado, copertina Tomàs Gonda, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.

Leggi l’articolo su Touchpoint di Febbraio | 2024 n° 01