Ho rubato questa definizione dalla chiusura delle note biografiche di Leonardo Sinisgalli nel libro “Giulio Confalonieri. Opere Grafiche”, edito da Franco Maria Ricci. Giulio Confalonieri è il quarto dei miei moschettieri, un novello D’Artagnan; ho già scritto degli altri tre, cominciando da Ilio Negri che per primo si associò a Confalonieri per fondare uno studio diventato qualche anno più tardi CNTP con Pino Tovaglia e Michele Provinciali. Confalonieri è raccontato così bene da Sinisgalli che mi viene voglia di citare direttamente la sua descrizione. Anche perché non posso minimamente competere con il poeta ingegnere, come venne definito Sinisgalli, laureato in Ingegneria Elettronica e Industriale e che rinunciò all’invito di Enrico Fermi a entrare nel gruppo dei “Ragazzi di via Panisperna”, per intraprendere la carriera letteraria. Di lui ho già parlato in quanto fu nel secondo dopoguerra direttore artistico della Pirelli e della rivista Civiltà delle macchine incrociando il percorso creativo dei più grandi e interessanti artisti del secondo dopoguerra italiano.

Ma veniamo a Giulio Confalonieri e alla foto di copertina del libro di Franco Maria Ricci che lo ritrae leggermente nascosto dalla mano sul viso lasciando intravedere un sorriso garbato, uno sguardo intenso, i capelli mossi e un vestito di taglio classico estremamente elegante che lo fa assomigliare in qualche modo a Gianni Agnelli. Le opere grafiche di Confalonieri sono significative per il taglio netto, spesso in bianco e nero e raccolgono gli insegnamenti estetici della scuola svizzera ma sarebbe semplicistico parlare solo di questo perché la produzione creativa è semplicemente la conseguenza di un pensiero che si è tradotto in uno stile di vita che ha disegnato l’intera opera di Confalonieri rendendolo difficile da inquadrare soltanto come grafico o designer.

Ecco cosa scriveva di lui Sinisgalli che lo ha frequentato nello studio di via Lanzone: «vive solitario in un lucido Bauhaus nello storico centro della città (Milano); per questo forse, siede ogni notte in un ristorante indifferente, di fronte ad una differente ascoltatrice».

L’elenco delle attività che con il lavoro non sembrano avere un diretto contatto comincia con Cintura Nera di Karate Secondo Dan, Medaglia d’oro di prima classe della Croce Rossa Italiana, giocatore in serie A con il Rugby Club Milano, nazionale nella squadra italiana alle Universiadi, diplomato in violino al Conservatorio di Milano: una personalità a dir poco eclettica che si completa nella formazione scolastica tra Svizzera, Germania e Italia. Tralascio il racconto di gran parte della incredibile esperienza umana, per mancanza di spazio, per concentrarmi su quella che è maggiormente collegata al lavoro.

«Confalonieri viene chiamato a Torino: basteranno due colazioni con l’Avvocato Agnelli per definire e decidere come, dove e quando realizzare “Italia ‘61”, mostra nazionale della quale gli verrà affidato il progetto della Sezione Visuale. L’ingegner Valletta (il papà della 500) intervenuto al battesimo, si esibirà nella storica domanda: “cosa mi rappresenta?” Aveva ragione! Il dubbio intorno alla metafisica non è mai estinto! Negli anni successivi lo troviamo inventore della veste grafica dell’Expo di Torino, città surreale dove l’Architetto Giò Ponti e la Fondazione Agnelli non furono esenti da stimoli».

E per continuare con Giò Ponti che di Confalonieri diceva: «Lo conoscevo per quello che faceva, ne individuavo lo stile nel gigantismo di certe estatiche ruote della Pirelli, nella prospettiva smaterializzante dei bianchi e dei neri, lo rintracciavo in quei liberi segni in cui la volubilità della fantasia riesce a prender corpo». Ho il piacere di avere le prime copie della rivista FMR di Franco Maria Ricci dove il carattere Bodoni viene in qualche modo beatificato dal lavoro congiunto di Confalonieri e Ricci ed è interessante come l’editore parmense abbia optato per un carattere tipografico che nel ‘700 venne disegnato da Giambattista Bodoni, nato a Saluzzo nel 1740 ma diventato grazie a Ferdinando, Duca di Parma, direttore della Tipografia Reale dell’allora Ducato.

Una storia editoriale dove i due hanno versato la loro cultura dell’immagine e la loro innegabile eleganza creando davvero una delle più belle riviste del mondo. Le storie che si incrociano portano con sé un segno di continuità della ricerca estetica e come sottolineava Franco Maria Ricci nella presentazione dell’opera di Confalonieri, anche condivisione di “bellezza” intesa nel senso più ampio. Confalonieri ha saputo rimanere “classico” rompendo quasi sempre le regole visive; di lui posso solo dire che prima delle sue opere come la famosa Agenda Universale per Tecno, il calendario oggetto per Nava Design o la copertina per la monografia Esso, le lettere non erano state tagliate, raggruppate, sovrapposte in modo altrettanto drammatico ed efficace senza però perdere la nitidezza e l’equilibrio formale di un gusto estetico rassicurante. La lista dei progetti e dei clienti per cui Confalonieri ha lavorato è infinita: ha lavorato per quasi tutti brand di arredamento e design da Tecno a Cassina, ha curato il progetto per Ferrari a partire da F40, ha creato il marchio EDF, la società energetica francese, per Pirelli ha inventato un linguaggio distintivo per le comunicazioni pubblicitarie.

Ha lavorato per Italsider, Roche, Breda, Eni, Ratti, Knoll, solo per citarne alcuni. I premi credo li abbia vinti tutti! È stato membro dell’Associazione Italiana per l’Industrial Design, e, honoris causa, dell’Art Directors Club di New York, socio della esclusiva Alliance Graphique, dell’American Institute of Graphic Arts, il cui profeta Lubalin gli dedicherà un tributo sulla rivista U&LC. È stato membro della Triennale di Milano varie volte, ha vinto un Compasso d’Oro per il suo intervento alla XV Triennale d’Arte di Milano. Ha viaggiato tantissimo tra i libri da lui pubblicati ce n’è uno che mi ha affascinato tantissimo che si intitola “Towns” (Idea Books International, Milano, 1976) dove la cultura dell’osservazione di quanto ci circonda viene visto attraverso i simboli fotografici. Un modo per viaggiare senza cadere negli stereotipi mantenendo quella capacità estrema di rendere elegante anche un “normale” graffito urbano.

Courtesy of FMR, Private Collection

Leggi l’articolo su Touchpoint di Ottobre | 2023 n° 08