Alzi la mano chi non ha mai visto uno dei suoi più famosi poster per Campari. Lo “spiritello” o diavoletto, a seconda di come viene presentato dalle varie gallerie o case d’asta che ormai si contendono a prezzi esorbitanti i pochi poster rimasti in circolazione, a volte salvati su carta telata, fa parte ormai dell’iconografia classica della cultura dell’affiche.
“Affiche” che in Francia conosce il suo periodo d’oro grazie al contributo di pittori come Toulouse- Lautrec che prestano la loro arte alla nascente tecnica della stampa litografica. Siamo tra la fine del 1800 e l’inizio del ventesimo secolo e a Parigi si respira la modernità grazie anche all’esposizione universale del 1889 che lascerà come traccia tangibile del progresso e della voglia di spingersi più avanti e in alto, la Tour Eiffel. È a Parigi che il giovane Leonetto Cappiello, (fonte Treccani), si trasferisce nel 1898, dove, pare in seguito a un incontro con Giacomo Puccini, che lo incoraggia e lo introduce nell’ambiente, incomincia una fortunata collaborazione, come caricaturista, al periodico Le Rire. Ottiene un rapido successo, che gli frutta altre importanti collaborazioni (a Le Figaro, Le Gaulois, Le Journal, Le Cri de Paris, La Revuye des théâtres, ecc.). Nel 1899 pubblica un felicissimo album di diciotto caricature a colori, “Nos actrices”, per le edizioni della Revue blanche, con prefazione di Marcel Prévost. L’anno dopo modella spiritose statuette in ceramica con i medesimi soggetti: alcune di queste (Yvette Guilbert) saranno poi acquistate dal Museo Carnavalet. Altre sue raccolte di disegni escono nel 1902 (Gens du monde, numero speciale di L’Assiette au beurre dell’8 novembre) e nel 1905 (Soixantedix dessins, Paris, Maison Flony). Ma è con la produzione dei manifesti che Cappiello raggiunge il grande pubblico e grazie ai cartelloni pubblicitari gli viene assicurata la fama internazionale.
Il primo manifesto è quello parigino, creato per il giornale Le Frou- frou, del 1899, proprio nel gusto di Toulouse- Lautrec. Continua poi con lavori creati per committenti francesi e italiani. Molti dei poster vengono stampati alle Officine Grafiche Ricordi di Milano. C’è qualcosa di innovativo nei suoi lavori che cattura l’attenzione del pubblico anche per l’introduzione di elementi che si discostano da quanto visto finora e oltre all’uso sapiente dei colori brillanti gli elementi che compaiono sono per la prima volta inseriti su fondi dai colori pieni e a volte addirittura, neri. Il poster per Chocolat Klaus (1903), oltre al fondo nero presenta una nuova figura con una soluzione espressiva e un tema inedito: un’amazzone con un lungo vestito verde che cavalca un piccolo cavallo rosso fuoco dove le proporzioni sono completamente inventate. Cappiello “libera” le sue opere dalla necessità di rappresentare il prodotto introducendo figure di fantasia che a volte lasciano esterrefatti gli osservatori come la zebra rossa per Vermouth Cinzano (1910) o il folletto sputafuoco per Thermogène (1909). L’efficacia comunicativa aumenta lasciando le ambizioni estetico-decorative dei primi manifesti sul fondo privilegiando uno stile più diretto, basato su fondi uniti e sintesi cromatica. Per il Bitter Campari, Cappiello realizza quello che può essere considerato il “manifesto” del suo pensiero artistico: il diavoletto o spiritello inventato dialoga in modo nuovo con il prodotto creando un tutt’uno che staccandosi dal fondo nero acquista una profondità mai vista prima. Da questo momento in poi Cappiello manifesta uno stile personale, maturo e autonomo, che si fa via via più riconoscibile e riconosciuto a livello internazionale. I manifesti caratterizzati da personaggi che non hanno più attinenza diretta con il prodotto da pubblicizzare hanno lo scopo di creare un’immagine-marchio altamente riconoscibile, un po’ come se Cappiello cercasse di creare prima ancora del messaggio pubblicitario per il prodotto, un tono di voce per il “brand”.
Matteo Albertin, nel suo blog, presenta anche un fatto che ignoravo nonostante conosca piuttosto bene il posto di cui si parla: Cappiello, nel 1906 conosce e viene invitato a Camogli dal Cav. Gaggini, un finanziere residente a Parigi che intuisce le potenzialità del Monte di Portofino nella nascente industria del turismo e inventore del Hotel Portofino Kulm che si affaccia sul versante di Ruta di Camogli. La comunicazione turistica dell’Hotel Kulm risente ancora della “Belle Époque” ed è piuttosto descrittiva del luogo ma è interessante per l’eleganza e per lo scorcio prospettico.
Nella sua carriera di artista è stato premiato e celebrato con tantissimi premi e riconoscimenti, tra cui la Légion d’Honneur in Francia, mentre in Italia ha ricevuto il tributo con una sala interamente dedicata ai suoi lavori durante la Biennale di Venezia del ’22. Cappiello è giustamente considerato uno degli inventori della cartellonistica moderna; applicò la sintesi grafica alle sue opere assimilando le varie correnti artistiche senza mai diventarne succube. Le immagini sono al tempo stesso ironiche e intelligenti ma, disimpegnate e senza essere appesantite da significati subliminali, si mantengono dirette e semplici da comprendere al punto che ancora oggi a distanza di più di cent’anni, le sue creazioni vengono “citate” da street artist come nell’esempio del diavoletto verde fotografato e proposto nella foto in alto, accanto all’originale.
Courtesy of: catalogo generale dei beni culturali, museo nazionale collezione salce. Collezione privata – foto Luciano Nardi