È nato prima il pittore o il pubblicitario? Ci sarebbe da scomodare Albe Steiner e una delle sue tante acute osservazioni fatte durante uno dei suoi discorsi di presentazione del corso per grafici alla Società Umanitaria di Milano nel 1968. Nell’anno in cui tutte le definizioni venivano contestate, Steiner cercava di mettere ordine tra le varie categorie da un punto di vista “sindacale”, spiegando che il grafico (nella sua versione tecnica e pubblicitaria) era una definizione recente mentre prima del 1938 si preferiva parlare di bozzettisti. Secondo Steiner, questi a loro volta, erano dei pittori come Cappiello, Sepo, Sinopico, Dudovich (quasi tutti emigrati in Francia dove avevano assimilato molto della pittura francese). Oltre a questi che arrivavano dalla pittura, sempre secondo Steiner, altri come Depero, Nizzoli, Cesari arrivavano dall’Accademia d’Arte e facevano più gli illustratori che i grafici.
L’osservazione di Steiner trova ampio riscontro nella vita professionale e artistica di uno dei pittori citati tra gli artisti emigrati a Parigi. Severo Pozzati in arte “Sepo”, nato a Comacchio, parte da Bologna per Parigi nel 1920, per un “breve soggiorno”, assieme all’amico Alessandro Cervellati e ci rimarrà fino al 1957. Pozzati aveva alle spalle una formazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove si era diplomato come scultore nel 1913. Inizia la sua attività come pittore partecipando a varie mostre e conoscendo tra gli altri Giorgio Morandi.
La sua pittura ripropone in linea di massima lo stile delle proprie opere plastiche fatte di volumi fortemente definiti, paesaggi essenziali, pochi colori. Il rimando è alla tradizione pittorica italiana trecentesca e quattrocentesca e ai grandi artisti come Paolo Uccello, Piero della Francesca, Masaccio e in particolare Giotto.
Quando arriva a Parigi, dove non ha contatti, cerca di lavorare come pittore ma si rende ben presto conto di non poter vivere della propria arte e così si vede costretto a ritornare nel mondo della pubblicità riprendendo
la collaborazione con l’agenzia italiana Maga, che proprio quell’anno aveva aperto anche a Parigi. Pur lavorando nel campo della grafica pubblicitaria dal 1917, e sempre con la stessa agenzia, è solo nel 1923 che riesce a firmare il suo primo manifesto (tutti i precedenti erano anonimi, come spesso accadeva). Per il suo “Le clos de postillon”, affiche per una ditta di vini, Severo Pozzati adotta lo pseudonimo di Sepo (acronimo del proprio nome) che i francesi pronunceranno “Sepó” e che egli conserverà per il resto della propria carriera. Carriera che a partire da questo momento si evolverà brillantemente e lo porterà a divenire nel ventennio successivo uno dei più quotati cartellonisti pubblicitari di Francia e Italia.
I primi manifesti risentono palesemente dell’influenza di Leonetto Cappiello (quello del Diavoletto per Campari) che all’epoca era il punto di riferimento per molti cartellonisti: colori piatti, grafica essenziale, punto prospettico dal basso verso l’alto. Iniziano anche le contaminazioni del cubismo e delle nuove avanguardie nella grafica, dove i caratteri cominciano a dialogare creativamente con le immagini.
Frequenta i più importanti artisti e intellettuali che all’epoca risiedevano a Parigi: Picasso, Braques, Valadon, Cocteau e altri esponenti dell’avanguardia internazionale e mantiene stretti legami con Filippo de Pisis e il gruppo de Les Italiens de Paris.
Nel ’32 decide di aprire, a Parigi, una sua agenzia di pubblicità, l’Idea, e con essa crea alcuni di quelli che resteranno tra i manifesti più celebri della sua intera carriera: in particolare sono da citare il manifesto per le camicie da sera Noveltex (1933), per le confezioni Tortonese (1934), per il panettone Motta (1934) e per le sigarette Anic (1938).
Come la maggior parte degli artisti durante il ventennio partecipa alla creazione di opere commissionate dal regime di Mussolini; nel 1933, in occasione della commemorazione della Marcia su Roma gli viene commissionata un’enorme tela di 120 metri quadrati raffigurante Benito Mussolini. Tale dipinto viene posizionato nella sala Wagram di Parigi, luogo dove si tiene la manifestazione in presenza delle autorità italiane giunte in Francia per l’evento. Nel 1940, dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia, Pozzati che non aveva mai rinunciato alla cittadinanza italiana, viene arrestato come tutti gli italiani che ricoprivano cariche importanti. Rilasciato dopo quaranta giorni dal campo di prigionia di Le Vernet ritorna in Italia ma dopo poco è di nuovo a Parigi dove si sposa con la francese Alphonsine Debruil, che diverrà sua collaboratrice. Durante l’occupazione nazista di Parigi si rifiuta di lavorare per la committenza tedesca e cerca di lavorare di nascosto per i vecchi clienti.
Gli anni dell’immediato dopoguerra contraddistinguono la vita di Pozzati con eventi in forte contrasto: in particolare il 1948 che, se da un lato vede la Biennale di Venezia dedicargli uno spazio, dall’altro è anche l’anno della prematura morte della moglie. In generale, comunque, con la ripresa economica del Dopoguerra anche la pubblicità riconquista il proprio mercato. Pozzati riesce a riprendere a pieno ritmo il proprio lavoro e alla fine degli anni Quaranta realizza ancora alcuni di quelli che resteranno tra i suoi manifesti più celebri, in particolare quello per la mostarda Vert-Pré (1949) raffigurante un bue macellato. I cartelloni pubblicitari
di questo periodo sono caratterizzati da un abbandono delle stilizzazioni rigide e dei fondi scuri, a favore del progressivo impiego di figure più fantasiose e colori primari accesi. Nel 1957 Pozzati decide di fare ritorno in Italia, a Bologna, dopo 38 anni passati in Francia. Nel 1959 viene incaricato di istituire una Scuola d’Arte Pubblicitaria, dedicata alla memoria del fratello Mario, morto nel 1947. Fatica però a inserirsi in un ambiente da lui ritenuto estraneo e così preferisce ritornare a occuparsi di pittura lasciando definitivamente il mondo della pubblicità. Si dedica quindi alla pittura e alla scultura fino all’età di 86 anni quando si spegne nel 1983 a Bologna. Pozzati pittore o pubblicitario? Sepo è consacrato alla storia come uno dei più grandi creatori di pubblicità, forse secondo soltanto a Cappiello, però è anche riuscito, dopo aver abbandonato la pubblicità, a trasferire il suo stile pulito e sintetico di cartellonista, nella pittura, liberando le opere pittoriche da tutte le zavorre estetiche delle epoche precedenti con dei risultati estetici di grande valore.